martedì 31 maggio 2011

Una tazzina di parole

Che emozione, per la prima volta un mio post è stato ospitato su un altro blog! Si tratta del bellissimo blog di Noemi, Tazzina di caffè. È per me un privilegio, davvero, che le mie parole possano stare lì, a fianco alle sue, sempre scelte con una cura e una creatività che mi commuove e mi sorprende ad ogni lettura.
Per l'occasione ho scritto un raccontino, che potete leggere qui, nel quale, naturalmente, ho nascosto un'etimologia. Per darvi un piccolo indizio vi posso dire che questa parola ha a che fare con il guardare le stelle. ;)

domenica 22 maggio 2011

Tabaleuri

Mai fidarsi dei musicisti.
Che all'interno della cultura tradizionale si provasse un po' di diffidenza nei confronti di queste figure nomadi e un po'esotiche, lo dimostra la parola piemontese tabaleuri. Questo interessante vocabolo infatti significa, citando direttamente dal Dizionario Monferrino di Sergio Nebbia: "baggiano, sciocco, testa vuota".
Caso vuole che questa parola, derivi, a quanto pare, dall'arabo tabal, che significa tamburo. Il tabaleuri, quindi era in origine il tamburellista, quel personaggio furbo e affascinante che, fino a mezzo secolo fa, girava l'Italia per suonare, e quando poteva scroccava o rubacchiava vino, cibo e qualche moneta. Veniva ospitato nella stalla, perchè la sapeva lunga, e diventava immediatamente la "star" della veglia serale. Dopo, gli si regalavano minestra e polenta, e paglia su cui dormire, perchè l'ospitalità, allora, sapeva ancora vincere la diffidenza.

Questo post mi è stato ispirato dalla manifestazione, organizzata dal comune di Rivalta (TO), a cui parteciperò attivamente stasera tirando fuori la mia parte barotto-monferrina d.o.c, per condividere con gli avventori parte della tradizione musicale delle mie parti. Se per caso siete nel torinese venite a dare un'occhiata. :)

mercoledì 18 maggio 2011

Liguria - primo diario (linguistico) di viaggio

Voglio inaugurare oggi una nuova rubrica. Non sono una gran viaggiatrice, e forse proprio per questo mi piace molto leggere i resoconti di viaggio sui blog degli altri, colmi di belle foto e di aneddoti. Oggi pensavo che vorrei fare anch'io la mia parte, e dunque, da ora in poi, mi impegno solennemente a tornare da ogni mio viaggetto, breve o lungo che sia, con almeno un souvenir linguistico per tutti voi.
Ho trascorso il weekend in un paesino della provincia di Imperia, Riva Ligure, che, come potete leggere qui, è uno dei luoghi della mia infanzia. Però, non l'avevo mai visto in questa stagione, con i fiori primaverili, le spiagge vuote e un venticello che faceva desiderare i rari spiazzi soleggiati tra i profondi vicoli del centro. Il paesaggio inondato da un sole limpido e da un'arietta così pungente da spingere i pochi passanti a evitare accuratamente l'ombra delle palme sul lungomare. Ho camminato tra le tamerici potate, gustandomi le prime ciliege della stagione, riconoscendo gli stabilimenti vuoti, i profili noti dei palazzi sul lungomare e i muretti di pietra, giaciglio dei gatti sonnecchianti in ogni stagione.
E poi, come promesso, ho un raccolto souvenir linguistico per voi, che è il nome stesso della vicina Sanremo, che entra a pieno merito nel novero delle parole che pronunciamo continuamente, ma sulle quali non ci siamo mai soffermati davvero.
Ecco, la cosa buffa è che a quanto pare nel medioevo la città si chiamava San Romolo. Giuro.
Prima, per non far sfigurare la facoltà di scienze linguistiche, che giornalmente frequento, vi propongo l'ipotesi seria: l'esito attuale, cioè, è verosimilmente frutto di usura fonetica, dovuta alla caduta dell'ultima sillaba e ad una pronuncia sempre più approssimata della prima vocale, trasformatasi prima in œ (qualcosa come Rœmu) e poi in e.
Ma a me piace pensare che il nome attuale sia frutto dell'ironia dei liguri tardomedievali che probabilmente hanno scherzato, come potremmo fare noi ora, sul nome di questo santo anomalo, forse proprio sostituendo alternativamente l'appellativo dell'omonimo fondatore di Roma con quello di suo fratello Remo. A condire il tutto rimane il fatto che, nell'agiografia cristiana, nè San Remo, nè San Romolo sono mai esistiti.
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