martedì 20 luglio 2010

Cerea

Molto presto partirò per qualche meritato giorno di mare a Riva Ligure, in provincia di Imperia. In questo bellissimo paesino ho passato lunghi mesi da bambina insieme a Nonna Maria, che essendo una persona molto ansiosa non mi lasciava fare il bagno per timore che annegassi, nè mi faceva stare sulla spiaggia per paura che prendessi un'insolazione. Nonostante ciò mi ricordo molti di quei periodi come i più belli della mia infanzia. Un momento tipico della giornata era la passeggiata sul lungomare, durante la quale ascoltavo un po'annoiata lunghi discorsi in piemontese (Riva Ligure è colonizzata dai villeggianti torinesi) e incassavo ogni genere di complimenti sdolcinati.


Vi riporto un dialogo-tipo dal quale trarrò l'etimologia del giorno, l'interlocutore sarà chiamato con il generico cognome piemontese Pautasso:

P: Cerea madama Pavia
N: Cerea monsù Pautasso
P: oh ma che bel cit!
N: su, saluta il signor Pautasso...
M: ...
P: ehi, bel bambino, come ti chiami?
M: ...
N: a l'è 'na cita, a 's ciama Marta. Su, saluta!
P: ooh ma lo sai che sembri proprio un maschietto?
M: signore, io non faccio mica la pipì da in piedi!

Di questo dialogo esilarante (ce ne sono stati molti altri di questo tipo) la parola che ci interessa è cerea, saluto del quale mi sono chiesta per anni il significato.
Pare che derivi da un'alterazione di signoria attraverso *sereia, serea, simile al saluto veneziano sioria vostra e al genovese scià.

Tra qualche ora vado a godermi il suddetto lungomare e a coccolarmi i ricordi. Buone vacanze a tutti!

martedì 13 luglio 2010

Sapienza

Con questo post vi rendo partecipi del ripasso del mio ultimo esame della triennale.
Ho sempre pensato che gli antichi romani fossero un popolo di burini confrontati con i greci, gli etruschi e svariate altre civiltà contemporanee e precedenti.

Ne abbiamo una prova nell'etimologia della parola sapienza. I latini, infatti, prima dell'incontro con la cultura greca, che come tutte le mescolanze è stata fondamentale per la nostra civiltà, non avevano parole per esprimere concetti astratti come il greco sophia, che indicava intelligenza e presa di giudizio.
Messi alle strette hanno dovuto elaborare una parola latina per esprimere il concetto e sono stati costretti a usare il nome SAPIENTIA, dal verbo SÀPERE, termine culinario che significava "essere salato". In senso figurato, avere il proverbiale "sale in zucca".

venerdì 9 luglio 2010

Vacanza

Affrontiamo l'argomento, visto che ormai Luglio è iniziato e la temperatura induce a pensare a lunghe passeggiate sulla spiaggia, bibite fresche, pelle abbronzata e abiti leggeri e svolazzanti.
Non è ancora detto che io possa godere a lungo di tali consolazioni quest'estate, visto che per buona parte del tempo sarò impegnata a scrivere la tesi, alla quale, dato l'argomento assurdo, dedicherò più avanti un post ad hoc.

Ieri dopo aver dato il mio penultimo esame mi sono soffermata a pensare alla parola vacanza in sè (che è anche un buon modo per rimandare le decisioni che la riguardano).
Deriva dal latino VACANTE(M), participio di VACARE, cioè essere vuoto, libero. Nel nostro caso libero dal lavoro, dagli impegni, dai problemi (anche se c'è chi dice che andare in villeggiatura equivale a stressarsi da un'altra parte).
A me fa pensare alle città ad Agosto, con i negozi chiusi, le strade deserte e tutti i parcheggi liberi che avresti desiderato trovare durante il resto dell'anno.

giovedì 1 luglio 2010

Ghëddo

Questo post è dedicato al mio ragazzo che oggi si laurea con una tesi in Etnomusicologia.
La parola in questione appartiene alla lingua piemontese (chiamatela dialetto, se preferite), in particolare al gergo musicale, e ha a che fare con le feste di paese, le bande e quegli anni meravigliosi in cui mia nonna, sedicenne, usciva di nascosto e si innamorava di mio nonno ballando il valzer.
Il ghëddo, infatti, è quell'affiatamento all'interno di un gruppo di musicisti che permette di avere uno stile inconfondibile, condiviso e trascinante che è una garanzia per le coppie di affezionati ballerini che volteggiano incessantemente sul ballo a palchetto. ("a l'han prope un bel ghëddo, custi sì").
Ma veniamo all'etimologia: pare che la parola derivi dal francese guede (dal germanico *waizda), nome di una pianta dalla quale si estrae un colorante azzurro che serve per tingere abiti eleganti. Da lì passa a indicare le persone che "si danno un tono", e infine diventa sinonimo di stile, bravura, eleganza.

Intanto ribadisco i miei auguri a Dario, ed ecco a voi un estratto delle sue registrazioni:


Piccola nota fonetica: non ho ancora deciso che tipo di grafia adottare per trascrivere il piemontese, per cui per ora mi limito a scriverlo nel modo più comprensibile possibile, i puristi mi perdonino. La parola ghëddo ha una pronuncia complicata e inconfondibile, con la ë molto breve, che quasi sparisce nella consonante doppia successiva, e la "o" finale si legge "u".
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