venerdì 25 marzo 2011

Sgiai

È primavera! E si torna con una bella etimologia dialettale. I piemontesi tra voi potrebbero trovare quantomeno originale l'associazione tra l'idea della nuova stagione nascente e la parola del giorno, ma continuate a leggere, a tutto c'è una ragione.
In particolare c'è una poesia di Bertran de Born, che ha funestato tutta la mia carriera di studentessa di materie umanistiche, e che oggi può risultare di difficile comprensione (sarà perchè è stata scritta nel millecentoequalcosa):


Be'm platz lo gai temps de Pascor 
mi piace il tempo allegro di primavera
Que fai folhas e flors venir
che fa nascere foglie e fiori
E platz me quant auv la baudor 
e mi piace sentire il rumore
Dels ausels que fan retentir
degli uccelli che fanno risuonare
Lor chant per lo boscatge 
il canto per i boschi

E fin qui tutto normale. Se non fosse che poi continua con:

E ai grand alegratge
e sono molto felice 
Quand vei per campanhas rengats 
quando vedo accampati per le campagne
Cavaliers e cavals armats
cavalieri e cavalli armati
E platz me quand li corredors
e mi piace quando i soldati 
Fan las gens e l’aver fugir 
fanno fuggire la gente con i propri averi
E platz me quand vei après lor 
e mi piace quando vedo dietro di loro
Gran re d’armats corren venir
enormi armate inseguirli correndo
E platz me mon coratge
e mi piace il coraggio
Quand vei fòrts chastels assetjats
quando vedo forti castelli assediati
 E-ls barris rots e-d'esfondrats
le barriere rotte e sfondate
eccetera, eccetera, eccetera. Qui continua con una corposa lista di miserie e violenze assortite. Ora, io dico a me stessa: ma no, questo tipo di azioni e sentimenti sono cose di un millennio fa, qualcosa che ci sembra assurdo, che non possiamo neanche comprendere perchè un abisso temporale e culturale ci separa dai nostri cugini di allora (e di cugini si tratta, specialmente per noi piemontesi, perchè la Provenza è proprio a due passi).  
Bene, ora guardiamoci intorno, pensiamo alla Libia, all'ONU, a Sarkosy e facciamo due conti. Io, personalmente, sono un po'schifata. E qui viene l'etimologia del giorno, ovvero quella della parola piemontese che esprime il mio stato d'animo a questo riguardo: sgiai, cioè "schifo". 
A quanto pare deriva da un ipotetico verbo *sgiaiè "provare schifo, ribrezzo, raccapriccio" che è un composto della particella EX e di GLADIUM, cioè "spada". Guardacaso in origine indicava proprio il terrore di essere colpiti, ammazzati, trafitti. Esprimeva proprio lo schifo che dovrebbe infondere all'uomo la guerra, in tutte le sue forme.

sabato 5 marzo 2011

Digitale (e una cena molto analogica)

Il computer ci apre il mondo, la rete dà possibilità infinite. È vero. Ma è ancora meglio quando il mondo entra in casa nostra attraverso la porta.
Sì, perchè qualche giorno fa ho organizzato una cena a casa mia con amici che condividono con me il folle proposito di dedicare allo studio maniacale della lingua italiana i prossimi due anni della propria vita.
È stato un susseguirsi di risate, pizza, vino bianco, morsi della gatta Zazie, birra e taralli. Si sono alternate canzoni in piemontese, grandi classici del rock, canzoni d'autore e Bella Ciao e un accenno di inno nazionale (che di questi tempi ha un che di rivoluzionario).
Si è scoperto che i valdostani non conoscono i friarielli (ma gli iraniani sì!), che in casi eccezionali si può mangiare la pasta col cucchiaino, che i gatti bianchi si sentono discriminati rispetto ai loro simili di (un altro) colore, che le linguette dei cartoni di pizza possono trasformarsi in un divertente giochino compulsivo.

 se ho ben capito si chiama beshkan
Ma soprattutto, prestate attenzione perchè è una rivelazione, che mentre gli italiani contando con le dita partono dal pollice, gli americani partono dall'indice e i persiani dal mignolo. E che qualsiasi esponente di una a caso delle tre culture fa seriamente fatica a farlo in un modo diverso da quello che ha imparato da bambino.

Ma questo è nulla se confrontato al modo in cui i persiani schioccano le dita. Nonostante me lo sia fatto lungamente spiegare dalla mia amica Harir (e ci provi ininterrottamente da tre giorni, ehm.) non riesco a produrre il minimo suono. Se qualcuno di voi ci riesce, vi prego, mi spieghi il trucco.

Detto questo, dall'alto del mio modem adsl vi chiedo: chi di voi si è mai domandato l'etimologia della parola digitale? Questa ormai notissima parola è entrata nell'italiano dall'inglese, e in origine significava semplicemente "numerico". Deriva, naturalmente, dal latino DIGITUM, cioè dito, il primo strumento di calcolo della storia. E nell'universo dei suoni e dei significati, ovvero la parola, il computer, il sistema binario, le reti virtuali reincontrano la realtà materiale dei gesti, dei gusti, dei rumori e delle mani.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...