domenica 27 giugno 2010

Zagarella

Una calda serata in centro, una cara amica che ti sorprende con la sua presenza, dei concerti affollati a cui è impossibile entrare, e un'etimologia.
Non mi soffermerò sulle code chilometriche per entrare a sentire Samuele Bersani, e la successiva decisione di ripiegare su una semplice una passeggiata con chiacchiere in piazza Carlo Alberto.

È stata la sosta al gelataio La Piramide (lo consiglio a tutti i torinesi!) a farmi aprire stamane il dizionario etimologico subito dopo colazione. A coloro che mi prendevano in giro ieri quando volevo chiedere al gelataio in persona l'etimologia del gusto di gelato Zagarella ora dico:
"Zagara" è il nome del fiore d'arancio in dialetto siciliano, e deriva dall'arabo ZAHARA che significa "risplendere di luce bianca".
Questa non è poesia?

lunedì 21 giugno 2010

Compagno

Traggo spunto dalla polemica riportata oggi da Repubblica sull'uso, giudicato da qualcuno improprio, della parola compagno all'interno del PD.

La prima attestazione scritta di questa parola nell'italiano risale nientemeno che al 1282, ma nella sua accezione politica compare per la prima volta nel 1872, negli atti della Conferenza delle sezioni italiane dell'Internazionale. Naturalmente possiamo ipotizzare che nel parlato si usasse già da un po'di tempo, finchè qualcuno ha deciso di metterla anche su carta.
Come compagno abbia soppiantato i suoi possibili rivali fratello e cittadino non ci è dato saperlo. È perlomeno curioso che un compendio di tutti questi appellativi sia offerto dal primo verso di una celebre canzone di lotta (compagno cittadino fratello partigiano...).
Nel '900 esistono termini corrispondenti nei vocabolari politici di tutta Europa, ed è particolarmente interessante constatare che in Russia la parola assume questa accezione qualche decennio più tardi.

Ma veniamo all'etimologia: la parola deriva dal latino medievale companio, composto dei termini latini CUM e PANIS, letteralmente "colui con il quale si spartisce il pane", o più in generale il pasto. In senso figurato, inizia ad indicare comunanza di intenti, idee, e infine amicizia.

Lasciando le palesi implicazioni evangeliche ai teologi (avranno già notato i punti in comune tra la dottrina socialista e quella cristiana), possiamo dedurre che la parola indicava in origine il gesto solidale dello spartire il cibo, che ancora oggi è considerato un momento fondamentale nel creare un legame (da mio padre ho spesso sentito dire: "Ma che vuole questo da me? Mica abbiamo mai mangiato insieme").
Non dimentichiamo che anche i bambini a scuola, felicemente ignari del lessico della politica, si chiamano reciprocamente compagni.
E infatti spartiscono incondizionatamente cibo e idee, atteggiamento che potrebbe risultare sano anche tra adulti, compresi quelli iscritti ai partiti.

Ai ragazzi che hanno protestato per l'uso (che io interpreto come affettuoso e ironico) di compagno all'interno del PD posso dire solo che chi cerca di creare un tabù fa sempre una polemica sterile, giacchè la lingua è anarchica per definizione, e decide da sola quali parole, eventualmente, debbano sparire.

domenica 20 giugno 2010

Parola

Le parole sono come fiocchi di neve, non ce n'è due uguali e quando sono tante possono perfino bloccare le strade...
Questa bella canzone, "Mi hai insegnato" la potete ascoltare qui.

Parabolè per gli antichi greci voleva dire "paragone", "comparazione". I latini si sono pienamente appropriati di questo termine leggendo i vangeli, dove parabola indicava i racconti esemplari narrati da Gesù alla gente. Da qui è diventata "ciò che viene detto" per eccellenza, la parola.

I suoni, come sempre avviene, si sono addolciti nel corso dei secoli. Da un verbo *parabolare si è formato *paraulare (per lenizione della consonante b intervocalica), *parolare, e poi, finalmente, il sostantivo parola e e il verbo parlare.

Per questo amo così tanto le parole, hanno sempre qualcosa da insegnarci, e testimoniano le tracce che i secoli hanno lasciato su di noi e sul nostro modo di interpretare il mondo.


Piccola nota tecnica: questo asterisco * si usa quando una fase dell'evoluzione fonetica è stata ricostruita ma non attestata, insomma, ipotizziamo che esista ma non ne abbiamo le prove. È un po'come strizzare l'occhio e dire... fidatevi. ;)


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