domenica 30 gennaio 2011

Diverso

siamo stati anche noi dei diversi.
In questi giorni l'imperativo è ripensare agli orrori commessi durante la shoah, e il dovere è quello del ricordo. Ma io oggi vi propongo un'altra parola d'ordine: diverso.
È certo doveroso richiamare alla memoria l'orrore commesso nel passato, ma credo che la domanda giusta non sia io cosa avrei fatto, ma: io cosa sto facendo?
Oggi, qui, adesso, non siamo tutti uguali. Ed è la nostra più grande fortuna, perchè la diversità è una ricchezza inestimabile. Siamo davvero capaci, se non di comprenderla, almeno di rispettarla? Penso alla vita per nulla semplice degli omosessuali, degli immigrati, dei portatori di handicap. Penso agli zingari, sinti e rom, che vivono in questo paese da secoli e, nonostante abbiano subito anch'essi la deportazione, sono tuttora discriminati.


Diverso deriva dal verbo latino DIVERTERE, composto di DIS- e VERTERE, ovvero "volgere in direzioni opposte".  Essere diversi, dunque, vuol dire avere un altro orizzonte, essere capaci di guardare in altre direzioni, avere un'altra prospettiva.
Saremo capaci di avere nuovi occhi?

martedì 25 gennaio 2011

Telefonata

È un martedì sera, sono circa le nove ed io sto per uscire di casa per andare in un posto dove non sono mai stata. Naturalmente mi trovo in quello stato di ansia che precede qualunque cosa io non abbia mai fatto, aggravato dal fatto che si tratta di una serata nebbiosa e che io, naturalmente, sono già in ritardo.
Ad un certo punto, tanto per peggiorare le cose, suona il telefono. Rispondo, stizzita:

- pronto?
mi risponde una voce anziana, con un timbro dolce e gentile:

- pronto, Anna?
- no, io sono Marta.
- ah lei è Marta?
- sì, mi spiace, deve aver fatto il numero sbagliato.
- Eh sì -pausa- anche perchè qui c'è un'altra Marta
- ah sì?
- sì, ma io sono una Marta anziana...
- io sono una Marta di ventiquattro anni
- le faccio tanti auguri, signorina, io ne ho novantatré
- beh, io invece le faccio i complimenti!
- la saluto, ancora auguri...
- la ringrazio...
- buonasera
- buonasera.

due in una...
Sorge spontanea la domanda: e se io per caso, tra settant'anni circa, in un giorno di metà gennaio, sbagliassi a comporre un numero e avessi la stessa, identica conversazione?
E se la "voce da lontano" della telefonata non fosse lontana solo nello spazio ma anche nel tempo?

La parola telefonata è uno di quei buffi composti le cui unità sono di origine greca: tele = lontano, come in televisione, e fonia = suono, come in fonetica. Si possono usare come prefissi, cioè all'inizio di parola, o come suffissi, cioè alla fine. Oppure, in casi come quello di telefonata, si uniscono semplicemente tra loro, un po' come due fette di pane senza niente in mezzo. :)

domenica 16 gennaio 2011

Ricerca

Ricerca è la parola che, per via dell'università, sento e pronuncio più spesso in questi giorni. E, come accade per ogni parola che mi ronza in testa per il tempo sufficiente ad innescare una piccola ossessione, la sua etimologia è finita su queste pagine.

Ricerca è un composto del prefisso intensivo ri- e del verbo cercare, che a sua volta deriva dal latino tardo CIRCARE.
La radice è la stessa di CIRCULUM, "cerchio", e letteralmente significa "girare, tracciare dei cerchi intorno a qualcosa".
Mi lascio affascinare dall'idea che fare una ricerca significhi circondare, abbracciare l'oggetto dell'inchiesta, comprenderlo nel corpo e nella mente.

Se c'è una cosa che mi ha insegnato l'etnomusicologia è che a volte è necessario ampliare l'orbita, il cerchio del nostro sguardo verso l' "altro", per poi volgerci indietro, e - da lontano - capire noi stessi.

giovedì 6 gennaio 2011

Befana

Il passare dei secoli talvolta si avverte nel mutamento dei suoni che trasforma una parola in un'altra. È il caso di Befana, che è semplicemente il risultato dell'evoluzione fonetica di epifania, che a sua volta derivava dal greco epiphaino, cioè "mostrarsi, apparire". In particolare è avvenuta un'aferesi, ovvero la perdita della vocale iniziale, e la consonante p sì è lenita in b. Certamente esiste ancora, almeno in alcuni dialetti, l'espressione parlata befanìa (non ho modo di controllare, ma vi basti sapere che ha 14.500 risultati su Google), da cui è derivato, appunto, Befana.
Com'è possibile che il manifestarsi della presenza divina abbia lo stesso nome della vecchietta carica di dolcetti e carbone? Perchè la nostra cultura è meravigliosamente variegata e stratificata, non solo nello spazio ma anche nel tempo, e le usanze si mescolano, si uniscono e si sovrappongono fino a diventare un tutt'uno. E così capita che il sei gennaio si festeggi, contemporaneamente, il dio della cristianità e l'anno pagano che muore e rinasce; che si celebri, allo stesso momento, la vecchia strega e il bambin Gesù.

la Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
con le toppe alla sottana
viva viva la Befana!

sabato 1 gennaio 2011

Inizio

Non mi svegliavo neanche tanto tardi, perchè la mezzanotte l'avevo passata coi nonni, spiando i botti dietro le tende con la nonna che mi metteva paura e il nonno che sparava tre colpi a salve dalla finestra. La nonna, naturalmente, disapprovava.
Non mi svegliavo tardi, ma comunque troppo tardi per fare colazione, visto che l'odore di salsicce e zampone pervadeva già tutta la casa. La prescrizione era quella di indossare qualcosa di nuovo, di solito un maglione di lana appena ricevuto che faceva pizzicare la pelle, meglio se rosso.
Si faceva pranzo nel salone, con la vecchia televisione accesa sul concerto di Vienna. Il nonno muoveva le mani a tempo, come un direttore di orchestra, e io, rapita, ballavo il bel Danubio blu in pantofole sul pavimento di marmo dell'ingresso.
Venivano servite le lenticchie, la nonna ripeteva di mangiarle, che portano soldi, mentre si faceva a gara a riconoscere il fagotto, l'ottavino, il contrabbasso, e a un certo punto, finalmente, veniva il momento della marcia di Radetzky.
Stanchi dello zampone avevamo già spostato le sedie in fila davanti alla televisione, come un pubblico vero, e tutti battevamo le mani a tempo con vero entusiasmo, vera gioia, vera speranza.
Ecco, mi chiedessero qual è il modo perfetto di iniziare l'anno, direi che somiglia a questo.


Inizio deriva dalla parola latina INITIUM, participio di IN-IRE, ovvero "andare in, entrare".
Che ciascuno di voi possa entrare in questo nuovo anno nel modo migliore possibile, e, naturalmente, continuare così.
Buon 1-1-11 a tutti voi!
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