venerdì 29 ottobre 2010

Donna

Parola entrata nel toscano del 1300 (da cui nasce l'italiano) grazie all'influsso della poesia provenzale e del Dolce Stil Novo, prima del quale si usava semplicemente "femmina". Donna deriva dal latino DOMINA, attraverso una fase intermedia DOMNA, e voleva dire signora, padrona.
Questa etimologia ci dice, se è vero che spesso la realtà discende dai nomi che le diamo, che la donna è per definizione padrona di sè stessa.

Eppure mi guardo intorno e vedo bambine bombardate da immagini pubblicitarie fin dentro la culla, che crescono travolte dai pregiudizi che la società getta loro addosso. Vedo ragazzine vittime dell'omertà familiare, che tacciono per preservare l'onore degli adulti, e se parlano vengono fatte sparire. Vedo giovani donne che lavorano per la metà di quello che prende un uomo, o vengono ricoperte di soldi per dimenticare la dignità e infilarsi nel letto di un potente. Ne vedo alcune invecchiare infelici, perchè non si sentono all'altezza delle bambole di plastica della tv.
Se velare il volto di una donna è responsabilità di un'intera civiltà, la colpa di questo invisibile burqua grava sulle spalle di tutti noi.
Sogno un'Italia in cui le donne siano finalmente, come da secoli vuole l'etimologia della parola, padrone del proprio destino.

domenica 24 ottobre 2010

Lavanda

il viola è il mio colore preferito...
Che soddisfazione essere interpellata dalle amiche come "etimologa" di fiducia. Questi fiori e quest'etimologia, Baby, sono per te.
Non mi ero mai interrogata prima sul nome, peraltro molto usato, del graziosissimo fiore di lavanda. Rientra in quell'insieme di parole così note, a cui siamo talmente avvezzi e affezionati, che non ci domandiamo mai il loro vero significato.
Quello che salta all'occhio è ovviamente la somiglianza con il verbo lavare (e qui avevi ragione, Baby). Infatti si tratta di un derivato della parola "lavanda" intesa come lavaggio, che a sua volta è frutto di un gerundivo latino, che significava più o meno "cose da lavare".
Lo slittamento semantico è dovuto al fatto che la lavanda, con il suo profumo così intenso, è parte di una quotidianità antica, nella quale probabilmente è sempre stata utilizzata, nascosta tra le pieghe, per profumare la biancheria pulita, oppure immersa nell'acqua per lavarsi. La versione un po' più autentica (e decisamente meno inquinante) di moderni deodoranti e bagnoschiuma.

giovedì 21 ottobre 2010

Infanzia

Prendo spunto dai bellissimi discorsi fatti oggi con una persona speciale, il cui blog consiglio a tutti voi.
L'infanzia è un momento fondamentale e bellissimo della nostra esistenza, un po' come la prima frase di un libro o l'inizio di una melodia, la premessa fondamentale di un qualcosa di incompleto, che potrebbe potenzialmente diventare tutto.
L'infanzia è una fase creativa anche perchè non si sa parlare, e dunque si è ancora in grado di inventare parole, accostando suoni in modo del tutto casuale ed esplorando le meravigliose e infinite potenzialità della lingua.
E infatti la parola infanzia deriva dal verbo latino FARI, "parlare" (che in quanto verbo irregolare e probabilmente antichissimo non ha prodotto alcuna parola in italiano), e dal prefisso sottrattivo IN. Infante è dunque, in sostanza, colui "che non ha ancora l'uso della parola", e quindi non dispone di categorie (oppure, volendo, ne ha potenzialmente un numero infinito) per nominare e quindi interpretare, domare, la realtà che lo circonda.

giovedì 14 ottobre 2010

(Zazie dans le) Bidet

Zazie dans le Bidet.
Che i gatti amino soggiornare nei luoghi più inappropriati della casa è cosa nota. Qui, rivisitando il grande classico di Quenau, la mia gatta Zazie staziona placidamente dentro un elemento fondamentale dell'arredo del bagno: il bidet.
Non prendo posizione nella perenne querelle che tenta di stabilire se i francesi possano meritatamente rivendicarne l'invenzione, giacchè oggi non ne fanno uso. È certo però che la parola sia francese, e sulla sua etimologia mi interrogavo oggi con la mia coinquilina, a cui dedico questo post.
Pare che in antico francese bidet significasse "piccolo cavallo" da una radice celtica -bid che indica cose di piccola taglia. E il verbo bider, ormai in disuso, voleva dire cavalcare, trottare. Non sto a entrare nei particolari, ma, come potete benissimo figurarvi, la posizione è palesemente la stessa.
Aggiungo che un francesismo può servire a ingentilire una parola moderatamente tabù, come questa, pensate a toilette o all'inglese water. Sul complesso rapporto tra Zazie e quest'altrettanto essenziale sanitario indugerò, magari, un'altra volta.

venerdì 8 ottobre 2010

Scrivere

È il suono della parola scrivere (dal lat. SCRIBERE) che ne detiene il più profondo significato. La sua radice, presente anche nel verbo greco graphein è la stessa di graffiare e grattare. In effetti le parole, un tempo, venivano incise sulla cera, sul legno o sulla pietra. Dipende per quanto tempo dovevano durare. Di solito non molto, giacchè le cose veramente importanti venivano tramandate a voce, così che nessuno fosse autorizzato a dimenticare.

Ho appena finito di scrivere la tesi, ed è l'unico verbo che ho in testa in questo momento. Voglio però condividere con voi alcune parole, che sono in fondo il nocciolo della mia ricerca, e anche se è possibile che il loro significato non risulti poi tanto chiaro, spero che vi permettano, almeno, di comprenderne l'atmosfera:

Questa storia è partita da una stalla, nella quale da millenni dei contadini si scaldano al fiato delle vacche.
Questa storia ha attraversato le campagne, si è arrampicata sulle vigne, ed è maturata in un piccolo frutto rotondo.
Questa storia ha visto litri di vino e gente che ride, zucche che cantano e voci che suonano.
Questa storia ha conosciuto un barbiere violinista, un bambino che suona l'organo a messa, un uomo che muore in una fabbrica di ghiaccio, un ciclista che costruisce strumenti musicali e sogna di recitare in un elegante teatro torinese.
Questa storia è scoppiata come una guerra, come la leva obbligatoria, come la Resistenza, come i grappoli durante la vendemmia, come un vecchio cinema che brucia in un incendio.
Ha urlato nelle gole degli operai, ha contestato a fianco degli studenti, ha cantato la sua nostalgia, ha attraversato le piazze come un carnevale.
Questa storia, è la mia tesi.
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